Roma sparita

5 febbraio 2018

Roma spartita. Benedetto il vino e chi lo ha inventato..


Che nei secoli passati si bevesse molto emerge da varie fonti documentarie e letterarie, che testimoniano inoltre il forte legame tra vino, gioco, taverna e.. amori illeciti, che si riscontravano spesso nella popolazione dei secoli passati.  
E  Roma sparita il vino era un ingrediente fondamentale della dieta seguita dal popolo
Proprio perciò, non a caso, l'imposizione di tasse puntava anche su questi aspetti.
Infatti il consumo del vino è sempre stato una consistente fonte di introito per le casse del papa e  anzi alcuni pontefici sono ricordati proprio per essere intervenuti in questo ambito. 
Il vino era collegato alle osterie e nella Roma ottocentesca le osterie erano l’unico luogo di svago per i popolani dove si beveva vino dei Castelli, intervallando queste attività magari con la classica partita al gioco della passatella, che spesso finiva con duello di coltelli, oppure si incontravano le prostitute che frequentavano quei luoghi.

Tasse sul vino e divieti di bere
Così se parliamo di tasse come non ricordare l'aumento delle tasse sul vino voluto da Urbano VIII intorno al 1640, per provvedere a uno  dei tanti rifacimenti della fontana di Trevi ?
Famoso è anche l'editto di papa Leone XII del 1824, che per motivi di ordine pubblico e di decoro, in prossimità dell'indizione di un anno santo, impose l’obbligo di apporre un cancelletto all’entrata delle osterie.  
Da quel momento si poteva solo acquistare il vino per portarlo via e non consumarlo sul posto. Per protesta però tutti bevevano per le strade e i problemi non erano affatto risolti. Anzi!!
B. Pinelli, Il gioco
della passatella 
(1831).
Del malcontento popolare è testimone anche il poeta romanesco G.G.Belli che scrisse un sonetto infuocato e dedicato proprio a Li cancelletti, di cui si riporta una strofa:
....La sera, armanco, doppo avé ssudato,
s’entrava in zanta pace in d’un buscetto
a bbeve co l’amichi quer goccetto,

e arifiatà lo stommico assetato...
[Versione: ...la sera, almeno, dopo aver sudato, si entrava in santa pace in quel buchetto  (nell'Osteria)a bere con gli amici quel goccetto (di vino), e a ristorare lo stomaco assetato..]
Le osterie erano come detto il luogo d’incontro preferito dei popolani e l’ostilità causata dal provvedimento fu fortissima.
Ne fecero eco anche le pasquinate: «Fior di mughetto, papa Leone è diventato matto, ha chiuso le osterie e allarga il ghetto», che fa riferimento anche a un altro provvedimento preso dal Papa, relativo appunto all’ampliamento dei confini del quartiere ebraico. 
La protesta si calmò solo con il successore papa Pio VIII, che era stato vescovo di Frascati, e che fece smantellare gli odiati cancelletti.
Allora Pasquino cambiò tono e fece trovare questi versi anonimi:
Allor che il sommo Pio
comparve innanzi a Dio
gli domandò: “Che hai fatto?”
Rispose: “Nient’affatto”
 
(cioè  niente di importante e buono) 
Corresser gli angeletti:
“Levò li cancelletti”
Frodi nella mescita del vino
Nelle osterie erano molte le frodi che commettevano gli osti, soprattutto nel mescere il vino allungandolo spesso e volentieri con l'acqua. 
Così alcuni interventi miravano a tenere sotto controllo queste frodi e chi le commetteva.
Con il pretesto di voler evitare truffe ai clienti sulla qualità e quantità del vino servito, nel lontano 1588 Papa Sisto V aveva imposto che il vino fosse servito in brocche di vetro, prodotte esclusivamente dall'ebreo Meier Maggino di Gabriello e sigillate dalla Camera apostolica. 

Si trattava quindi di un doppio guadagno che gravava sia sulla mescita che sul consumoIl provvedimento che si traduceva in un rialzo del prezzo del vino,  che  veniva giustificato  come un freno al consumo e di conseguenza una riduzione delle tante risse
L'utilizzo obbligatorio di questi contenitori avrebbe  tutelato gli avventori  che con le brocche di vetro avevano maggiori garanzie che il vino non fosse annacquato.

Tasse sul consumo
Le altre  tasse che pagavano gli osti dipendevano poi dalla quantità di vino venduto. Un quattrino per una fojetta, cioè mezzo litro. Altre misure erano la mezza fojetta o quartino (1/4 di litro), il chirichetto(1/5 di litro) e il sospiro (1/10 di litro).  Un tubbo equivaleva a un litro e un barzilai a due litri (dal nome del politico che era solito offrire vino in grandi brocche ai suoi elettori).

Le osterie
Le osterie si moltiplicarono tra il XVIII e il XIX secolo. Ma la tradizione di locali dove veniva servito solo vino risale addirittura all'epoca degli antichi Romani. Nate come punti di ristoro lungo i tragitti da e verso la città o nei luoghi di maggiore scambio commerciale, le osterie si attrezzarono presto anche per dare ospitalità ai viandanti che dovevano passare la notte fuori casa, mettendo a disposizione camere da letto in affitto. 
Ma soprattutto erano luoghi dove il vino si mescolava con attività illecite, dal gioco d'azzardo alla prostituzione, in un binomio esplosivo che spesso sfociava in risse violenteA Roma la maggior parte delle osterie si trovava in zona Trastevere: nell'Ottocento se ne contavano quasi 600, frequentate da perditempo, prostitute, riottosi ma anche da giornalisti e letteratiLe Grotte della Rupe Tarpea e Sora Rosa erano famose per gli ospiti: poeti e artisti. Nel menù spiccavano piatti tipici della tradizione popolare, come trippa, gallinaccio, abbacchio e pizza con le alici.
Racconta Zanazzo a proposito del vino
Diverse erano le superstizioni collegate al vino.
Il vino non è come l'olio, che quando si versava o per terra o sulla tovaglia si diceva che  portava disgraziaA Roma sparita il vino invece portava fortuna,  tant'è vero che quando si versava su una tavola da pranzo tutti ci andavano ad intingere le dita, e poi ci si strofinavano la faccia, la fronte, le labbra e si baciavano le dita. 
Quando si andava a bere all'osteria, quel goccetto, che rimaneva e con cui ci si sciaquavano i bicchieri, si buttava sulla tavola e mai per terra. Specialmente da quando il vino costava tanto caro!
Zanazzo, che era figlio di un oste, si chiede con rimpianto dove sono andati quei tempi beati che il vino  si vendeva a un baiocco a fojetta.

Si racconta che quando si entrava in un osteria, e ci si trovava 10, 20, 30 amici che bevevano, ognuno di loro offriva il suo bicchiere per bere. 
Bisognava per forza metterci la bocca, o intingere magari le labbra a tutti trenta e più bicchieri, senza scartane nessuno.
Altrimenti quello che offriva si sarebbe potuto offendere e fare qualche buco..co il coltello al corpetto
Ne erano successi tanti di questi casi! 
E giacche stiamo parlando di vino, Zanazzo  racconta che in nessuna parte del mondo si beve tanto vino come a Roma. 
Zanazzo poi ricorda che  la benedett'anima del padre che faceva l'oste calcolava uno sciupio di vino consistente in una quartarolo al giorno  che si doveva dare per ogni carrettiere che aveva a servizio.
E si doveva vedere che pezzi d'uomini robusti che erano e quanto campavano ... dunque sia sempre benedetto il vino e chi lo ha inventato.

Ad alcuni caporioni di Trastevere ricevuti in udienza dal re Umberto, il Sovrano domandò loro che cosa ci fosse di nuovo in Trastevere. E uno di essi, tale Vincenzo Viscogliosi, macellaio, gli rispose: «Maestà, in Trestevere ciavemo er vino bbóno!».